Un pensiero su quanto successo

Sabato 7 Ottobre andrò alla manifestazione nazionale “Giù le mani dai santuari“, organizzata dalla Rete dei santuari di animali liberi.

Per chi non avesse idea di cosa sia successo il 20 Settembre presso il rifugio Cuori Liberi, potete trovare un riassunto qui.

Io mi ritengo una persona di scienza. Prendo categoricamente le distanze da coloro che hanno espresso posizioni assurde, quali affermare che la peste suina africana sia “un’altra” invenzione. Purtroppo la psa esiste eccome ed è gravissima. Non ho mai sopportato nemmeno chi minimizza i rischi delle patologie con pensieri più o meno new age del tipo “pensa positivo e mangia sano e la malattia non ti tocca”. I maiali di Cuori Liberi erano accuditi, non stressati, non in condizioni di sovraffollamento, ben nutriti e purtroppo la psa ne ha portati via 21 su 30.

Fatta questa doverosa premessa, ho sentito nei giorni scorsi interviste e letto post e articoli davvero deprimenti, perchè, con la scusa di una narrazione “neutra” e scientifica, hanno in realtà portato avanti una narrazione che dimostra quanto poco sia capito il pensiero antispecista e quanto poco fosse in realtà conosciuto il caso specifico. Tutt’altro che neutrali, alcune persone hanno di fatto creato una contrapposizione netta tra chi dovrebbe occuparsi di scienza (e quindi giustificare l’abbattimento per un bene superiore, tout court, senza sfumature) e chi invece è animalista e difende gli animali solo il preda all’emotività senza alcun pensiero razionale.

La pratica dello stamping out è ritenuta necessaria necessaria per tentare di eliminare il focolaio e soprattutto per consentire all’allevatore di praticare i protocolli di sanificazione della struttura e ripartire con l’attività. E’ quindi una operazione che ha sì valore sanitario, ma alla luce di una necessità commerciale ed economica (dal momento che gli animali allevati sono considerati di fatto “cose”, non ha alcun senso logico mantenerle, spendere soldi per nutrirle, occuparsene dovendo fare eccezionale attenzione ecc prima di abbatterle. Nel momento in cui i capi sono “cose” è logica conseguenza eliminarli tutti -ricevere un aiuto economico come indennizzo- applicare le regole per igienizzare e ripartire). Serve quindi per eliminare il focolaio e poter quanto prima riprendere l’attività di allevamento, sfruttamento e uccisione, attività che comporta per forza di cose la movimentazione dei capi.

Un rifugio però non è un allevamento intensivo o famigliare, è un luogo in cui l’interesse è il benessere dell’animale e pertanto è possibile pensare a protocolli di contenimento diversi, perchè l’importante è quello, dal punto di vista sanitario: evitare l’espansione del contagio. Se gli animali sono isolati e vengono applicate tutte le misure di sicurezza necessarie, sarebbe assolutamente fattibile l’eutanasia puntuale dei soli soggetti ammalati, con il/la veterinario di fiducia e le persone di famiglia che se ne occupano presenti. Questo non comporta un aumento del rischio, poichè l’area in ogni caso ormai è contaminata e pertanto ormai ,per i prossimi mesi, necessiterà di misure di sicurezza attentissime. Dal momento che chi si occupa dei rifugi ci tiene davvero agli animali (no, il nonno che amava tantissimo la mucca che chiamava per nome e poi la macellava -altra cosa sentita da chi si professa di scienza- non è un riferimento, quello non è amore) i volontari saranno i primi a fare attenzione e rispettare ogni indicazione alla lettera per evitare che la malattia possa colpire qualcun altr*. E benissimo pretendere le misure di sicurezza, su questo non ci piove. Ma non è stata consentita alcuna trattativa, non c’è stato alcun dialogo.

Ma chi è che invece forse le misure di sicurezza le attua solo laddove c’è un interesse economico e in realtà non è preoccupato per la salute dei cinghiali fuori, ma solo di poter continuare a commerciare Vite? Indovinato, non devo nemmeno scriverlo. Associazioni come Essere Animali hanno per prime documentato sia la crudeltà con cui viene effettuato lo stamping out (se morire lentamente asfissiati col terrore e i polmoni che bruciano ricorda qualcosa, sappiate che c’è chi la chiama morte compassionevole per evitare sofferenze), ma anche e soprattutto la mancanza di sicurezza e rispetto delle regole igieniche, proprio negli allevamenti (dai cani che camminano liberamente su terreno infetto, ai tetti pieni di buchi da cui volatili possono entrare e uscire e chiunque abbia visto un servizio sugli allevamenti ha ben presente anche la quantità di topi e ratti che sicuramente entra ed esce). Se volete vedere le riprese, qui.

E infatti indovinate come mai è esplosa in provincia di Pavia la psa, arrivando purtroppo anche al rifugio? ecco. Immagino che alla fine della fiera ci sarà una multa. Mentre a Cuori Liberi sono entrati con i manganelli.

Ci dicono: uccidere tutti i maiali nell’area è essenziale per preservare la vita degli altri maiali e dei cinghiali (come hanno ricordato dal rifugio Miletta, se vi importa di mailai e cinghiali, cominciate col non mangiarli). Vi importa solo dei “vostri” maiali, fregandovene della salute dei selvatici e dei maiali negli allevamenti. E’ stato scritto anche questo.

Dunque, anche io, da biologa, posso ritenere occasionalmente sensato l’abbattimento di alcuni animali, per preservare la biodiversità o la salute di molti. Giusto no, questo è un altro discorso. Ma restando con i piedi ancorati all’obiettivo, la domanda da fare allora è, serve? Irrompere nel rifugio e uccidere Crosta, Crusca, Pumba, Dorothy, Mercoledì, Bartolomeo, Ursula, Carolina e Spino fa la differenza? Mi sembra di no, per quanto già messo in luce prima: ormai quella zona è contaminata e ormai chi deve entrare per occuparsi degli altri animali presenti comunque deve attenersi alle norme di biosicurezza (ci mancherebbe).

Invece le forze dell’ordine entrate solo con i calzari (e non tutti), che non hanno correttamente smaltito prima di lasciare l’area, e l’autista del camion senza alcun dispositivo di protezione usa e getta, non hanno forse rischiato di diventare veicolo di contaminazione? Ci sono foto e video, così è stato. Non è stata in alcun modo garantita la sicurezza igienica durante le operazioni. Quindi, a che pro?

E tornando ai cinghiali che, poverini, sono in effetti il principale vettore di infezione, non posso fare a meno dipensare che, se le asl ritengono davvero così determinante la vita di 9 animali in un terreno isolato e ormai contaminato, come è possibile che non sia invece vietata la caccia al cinghiale? Dal momento che i cacciatori si spostano, anche da una zona all’altra? Ah vero, perchè quel settore ha i suoi di interessi economici (e in questo periodo soprattutto, anche politici), non si può toccare. La soluzione è semplice (ma chissà perchè, non andava bene attuarla per i volontari del rifugio): i cacciatori si disinfetteranno ogni volta le scarpe, le gomme delle auto e le zampe dei cani (qui).

Devo commentare? Qualcun* di voi ha presente l’età media dei cacciatori? E non per infierire, il livello medio di educazione sanitaria? E sempre per non infierire, se per 9 animali sono arrivati furgoni della polizia e vigili del fuoco, dove sono i controlli per verificare il rispetto delle norme da parte dei cacciatori?

Un abbattimento può essere giustificato se serve. E serve solo se nel frattempo si fanno anche tutte le altre cose che vanno fatte. Gli interessi economici non dovrebbero influenzare. In questo caso credo si sia scelto di mandare un messaggio forte e chiaro. I rifugi sono in teoria da poco riconosciuti, ma nella pratica gli animali devono continuare a essere cose, secondarie a qualunque interesse economico, e le persone che si oppongono a questo status quo sono sovversive, portano avanti un pensiero che va messo a tacere. Non è tollerabile che non eseguano gli ordini. Come è stato fatto 22 anni fa per spezzare le reni a un movimento trasversale che provava a immaginare -e a chiedere- un mondo diverso.

Un mondo diverso è possibile.

Ci vediamo il 7 a Milano. Qui le linee guida (che in un mondo normale sono la BASE per chiunque) alla manifestazione.

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