Ashtanga yoga e me

Voglio scrivere un piccolo tributo allo yoga. Unica pratica che mi ha dato la voglia di alzarmi all’alba e di trovare una costanza che non credevo di avere.

Sono lontana dal terminare anche solo la prima serie dell’ashtanga yoga, ma non è dove arriverò (o meno) a darmi tanto: è la strada che sto facendo. E’ il come lo sto facendo.

Fossero anche solo i saluti al sole a vita, fatti restando sempre nel respiro, con devozione e con costanza, sarebbero già un dono, sia dal punto di vista fisico che spirituale.

Una delle caratteristiche di questa specifica pratica yoga (invito alla lettura anche solo della pagina wiki linkata, per farsi una idea di quanto vasto sia il significato di questa parola) è la forte-apparentemente- componente fisica: a prima vista, sembra tutta ginnastica. Si suda, ci si stanca. Gli ashtangi avanzati sono francamente atleti di alto livello e osservarli in video può essere estremamente affascinante, ma anche far erroneamente credere che se non si arriva “lì” non si può fare yoga.

Pattabhi Jois usava dire, e suppongo sia la sua citazione più famosa: lo yoga è 99% pratica, 1% teoria. Pratica pratica pratica.

La principale critica che leggo rivolta all’ashtanga (ma in generale valida per tutto l’hatha yoga così come accessibile in occidente) è proprio il fatto che si tratti solo di “fisico”.

E la mia -ripeto, mia personale- esperienza è però che mi serva proprio partire da qui, dal corpo. Dall’accettare il corpo. Dallo stimare il corpo. Dal ringraziare il corpo. E anche dal dargli un poco di ficucia. E’ letteralmente il terreno di partenza per pensare di poter lavorare su pratiche più difficili, come la meditazione (con tutti suoi benefici effetti ormai dimostrati anche dal punto vista scientifico).

E fare attività fisica, in ogni caso, fa bene alla salute. Ci dicono che camminare 30′ al giorno migliora la nostra salute, ma 40′ offre il doppio del beneficio! Una ora di attività fisica al giorno è ok, ma 90′ sono ancora meglio! Qui i dettagli nel video sempre magistrale di M. Greger.

Appurato che se anche si trattasse “solo” di attività fisica, sarebbe in ogni caso sano, utile, economico e completo. E’ davvero solo questo?

No, perchè l’attenzione data alla coordinazione del respiro è un aspetto centrale nello yoga, ma trascurato invece in molte discipline sportive e il controllo del respiro offre tutta una serie di benefici come raccontato per esempio qui o qui.

Ma ancora: la pratica è una forma di meditazione. Ed ecco perchè la sequenza è sempre la stessa.

Forse questo è l’aspetto che più mi ha stupita e conquistata.

Se guardi un video o ascolti un insegnante, sei concentrato sulle sue parole, osservi la sua posizione; anche quando si conoscono i nomi e gli allineamenti di ogni posizione, la tua mente è rivolta fuori. Quale sarà la prossima posizione indicata? O se pratichi in autonomia, cosa faccio adesso?

E invece nell’ashtanga yoga, una volta imparata la sequenza, il tuo corpo e la tua mente sanno cosa fare e dove rivolgere lo sguardo. La mente può cominciare a restare focalizzata sul respiro -udibile dal momento che è ujjay– e l’attenzione è rivolta all’interno.

Senza tante parole, piano piano, si costruisce quello che le spiegazioni teoriche chiamano dharana. Certo magari non subito, non tutto il tempo. Ma piano piano a volte scopri che eri semplicemente lì. Tu, il tuo respiro e niente altro.

La costanza fisica mi ha insegnato la costanza anche per una pratica spirituale.

E in tutto questo, la pratica è sempre diversa. Ogni volta che ho parlato con qualcuno che pratica ashtanga, questo aspetto salta fuori: la noia non c’è, perchè ogni giorno è diverso, ogni giorno il tuo corpo ti comunica qualcosa di diverso e oggi stai alla grande in un modo, domani quello stesso asana ti sarà difficilissimo. O viceversa.

Per chi tende ad evitare le difficoltà eccessive, il vantaggio è ulteriore: ogni giorno trovi anche l’asana che magari ti è un po’ antipatico. Che risulta più difficile. Non può scattare la trappola psicologica del “lo faccio un’altra volta”. Ogni giorno sul tappetino si fa un piccolo esercizio di sfida ai propri limiti. Non importa quali siano.

Ogni giorno si fa anche un piccolo esercizio di moderazione dell’ego, perchè quando ho tanto pensato di volere arrivare a un certo punto in una posizione, il mio corpo mi ha fatto chiaramente capire che era meglio non darsi tante arie.

Ma pensavo anche di non poter mai fare alcune cose e poi un giorno, semplicemente respirando, le ho fatte.

Forse alla fine, è proprio solo tutto qui: ogni giorno è IL giorno, ogni respiro è IL respiro presente. Uno due tre quattro cinque.

Uno due tre quattro cinque.

 

 

 

5 pensieri riguardo “Ashtanga yoga e me

  1. Cara Isabella, penso di capire bene le tue riflessioni, quello con lo yoga è un rapporto particolare, forse perché non riusciamo a “incasellarlo” nelle categorie mentali a cui siamo abituate. Sport? Lo chiameresti tale? Forse in un qualche modo lo è, ma pare riduttivo. Come disse tempo fa la mia insegnate (una donna sessantenne robusta e con una sesta di reggiseno, una tipa molto “pane al pane e vino al vino” come si dice qui, quindi molto lontana da un’idea che spesso si trova nei corsi di yoga di insegnanti giovani in forma e molto freakkettone e delicate e che per questo mi piace molto): “tutti arrivano a fare yoga dopo i 30 anni. Prima, nell’infanzia, nella giovinezza, fanno ogni tipo di sport, poi iniziano gli acciacchi e arrivano qui. Mentre invece lo yoga dovrebbe essere insegnato ai piccoli, in modo da far avere loro una maggior consapevolezza del loro corpo, e solo dopo bisognerebbe scegliere gli sport!”
    Da un po’ di tempo a questa parte sto cercando la forza di combattere la mia resistenza all’essere mattiniera (dico sempre che mi piacerebbe riuscire ad alzarmi molto molto presto la mattina) per fare un po’ di meditazione. E serve, serve tanto. Le giornate cambiano, grazie a quei minuti, anche se pochi, se fatti male, anche se la concentrazione dal respiro va alla lista di cose da fare durante la giornata. Cambiano. In meglio.
    Un saluto!

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    1. E’ vero! Pochi minuti possono fare la differenza! Quando so di essere stanca o non in forma per gli asana, cerco di ritagliarmi almeno 10 minuti per la meditazione. Se sono con la mente troppo distratta, anche 10 minutri di mantra. E le giornate cambiano. O forse no, piuttosto cambiamo noi ❤
      P.S. bellissime le parole della tua insegnante!

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  2. Che bello!!!
    “Essere nel respiro è come essere a casa”, mi ha detto una volta la mia insegnante di Yoga Ratna. Ed è proprio vero…Una volta che i movimenti del corpo fluiscono in sincronia col respiro si è al centro di noi stessi e ci si sente parte di un tutto armonioso e luminoso.
    Da quando è nata la mia terza bambina non riesco più a seguire il corso di yoga, ahimè, e non ho la costanza di praticarlo qui a casa da sola, senza una guida.
    Ma ho trovato il modo di meditare e di centrarmi nel respiro camminando ogni giorno nella natura, sudando, spingendo il mio corpo sempre un po’ più in là, sfidando i miei limiti fisici per affinare la mia consapevolezza, per mettermi più profondamente in ascolto della mia anima.
    Come dici tu: “La costanza fisica mi ha insegnato la costanza anche per una pratica spirituale.”
    Un abbraccio.
    Om Shanti Shanti Shanti.

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    1. Un abbraccio grandissimo anche a te ❤ La meditazione camminata è parte di molte tradizioni. Anche io adoro letteralmente camminare, nei boschi sopratutto. Diventa tutto più bello. Gli odori più buoni, la mente si calma.
      Sono certa che quando i bimbi saranno un poco più grandi ti ritroverai ancora più forte nello yoga.
      Intanto questo per me è un ulteriore grande regalo dell'ashtanga (anche se sopratutto della mia bravissima insegnante): so che se per qualche motivo non potessi più andare da lei, la parte di sequenza che mi ha già trasmesso posso ripeterla a casa ed è parte di me adesso. Certo magari così non si "migliora" dal punto di vista fisico, ma siccome lo scopo è il cammino stesso, sarebbe secondario suppongo.
      Ti stringo!

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